IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE Ha pronunciato la seguente ordinanza sull'istanza di provvedimento cautelare avanzata con il ricorso n. 4125/2000, proposto dal dott. Turco Paolo, rappresentato e difeso dall'avv. prof. Giovanni Pitruzzella, presso il cui studio in Palermo, via Gen.le Arimondi n. 2/Q, e' elettivamente domiciliato; Contro il Consiglio di presidenza della giustizia amministrata in persona del presidente pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo, domiciliataria ex lege, per l'annullamento previa sospensione, del provvedimento, contenuto nel verbale di cui alla seduta del 30 marzo 2000 del predetto organo, con il quale e' stata rigettata l'istanza del ricorrente di trasferimento dal ruolo del Consiglio di Stato a quello dei tribunali amministrativi regionali. Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Avvocatura distrettuale dello Stato di Palermo per il Consiglio di presidenza intimato; Visti gli atti tutti della causa; Relatore il consigliere Filippo Giamportone; Uditi alla camera di consiglio del 18 gennaio 2001 i difensori delle parti in causa; Ritenuto in fatto e considerato in diritto: Fatto e diritto Con ricorso notificato il 6 dicembre 1999 e depositato il 15 successivo il dott. Paolo Turco, consigliere di Stato, in atto in servizio presso il Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, con cui il Consiglio di presidenza della giustizia amministrativa ha rigettato la sua istanza, volta al trasferimento presso il tribunale amministrativo regionale di Cagliari con la qualifica di consigliere Tribunale amministrativo regionale Tale rigetto e' motivato con la seguente, testuale considerazione "la puntuale e tassativa disciplina relativa alle funzioni dei giudici amministrativi di primo e secondo grado non consente, nell'attuale assetto, stante la rigida distinzione, all'interno del ruolo, per qualifiche, di fare applicazione analogica della normativa invocata dal cons. Turco a sostegno della propria istanza di trasferimento". Il ricorrente, premesso che fino al 31 gennaio 1991 possedeva la qualifica di consigliere Tribunale amministrativo regionale e che dal1o febbraio successivo e' stato nominato consigliere di Stato, con due distinti mezzi di gravame assume di aver titolo a detto trasferimento sotto un duplice ordine di considerazioni. In via prioritaria, afferma che in base alla previsione dell'art. 14 della legge 27 aprile 1982, n. 186, il ruolo della magistratura amministrativa deve ritenersi unico e che la disciplina regolante la magistratura ordinaria, per la sua caratteristica di ordinamento piu' antico e compiuto, va individuata come punto di riferimento per regolare ogni altro organismo investito di analoghe funzioni, ovviamente in assenza di specifiche disposizioni. Conseguentemente, nella fattispecie, alla stregua dell'art. 12 cpv. delle disposizioni sulla legge in generale, trova applicazione l'art. 21-sexies del d.l. 8 giugno 1992, n. 306, introdotto in sede di conversione dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, il quale prevede la reversibilita' delle funzioni. In via gradata, sostiene che, anche ammessa la duplicita' dei ruoli tra i magistrati della giustizia amministrativa (Consiglio di Stato-tt.aa.rr.), sovviene l'art. 7 della legge 2 aprile 1979, n. 97, che consente la riammissione in magistratura "a chi, gia' appartenente all'ordine giudiziario, sia transitato nelle magistrature speciali ed in esse abbia prestato ininterrottamente servizio". In buona sostanza, il citato art. 7, sancendo il principio della piena equiparazione dei servizi prestati nelle diverse magistrature, deve ritenersi applicabile, a maggior ragione, tra magistrature caratterizzate da un maggiore grado di contiguita'. Ora, il collegio, che nella presente fase cautelare, oltre al pregiudizio allegato dal ricorrente - che ritiene sussistente - deve valutare ed indicare i profili di censura che inducono ad una ragionevole previsione di accoglimento del ricorso (art. 3 della legge 21 luglio 2000, n. 205), reputa che l'agire dell'organo di autogoverno della magistratura amministrativa trovi puntuale supporto normativo nella legge 27 aprile 1982, n. 186. Ed invero, l'art. 14 della citata legge, rubricato "Qualifiche", distingue i magistrati in: 1) presidente del Consiglio di Stato; 2) presidenti di sezione del Consiglio di Stato; presidenti di tribunale amministrativo regionale; 3) consiglieri di Stato; 4) consiglieri di tribunale amministrativo regionale, primi referendari e referendari. A sua volta, il successivo art. 15, rubricato "Funzioni dei magistrati amministrativi", recita che: sono magistrati con funzioni direttive quelli di cui sopra ai nn. 1) e 2); i magistrati di cui al n. 2) esercitano le loro funzioni presso il Consiglio di Stato o presso i tribunali amministrativi regionali; i magistrati di cui sopra al n. 3) esercitano funzioni giurisdizionali o consultive presso il Consiglio di Stato; i magistrati di di cui sopra al n. 4) esercitano funzioni giurisdizionali presso i tribunali amministrativi regionali; i consiglieri di tribunale amministrativo regionale esercitano, altresi', le funzioni di presidente delle sezioni staccate od interne dei tt.aa.rr. medesimi. Appare, quindi, all'evidenza che il delineato sistema delle qualifiche dei magistrati amministrativi non consente l'esercizio di funzioni proprie di una qualifica diversa rispetto a quella giuridicamente posseduta, atteso che per previsione esplicita di legge i consiglieri di Stato esercitano le funzioni giurisdizionali esclusivamente presso il Consiglio di Stato, in grado di appello, mentre i consiglieri dei tt.aa.rr. le esercitano esclusivamente presso questi ultimi plessi giurisdizionali di primo grado. Ne', poi, e' previsto dalla legge che i consiglieri dei tt.aa.rr. possano conseguire la nomina a consigliere di Stato, continuando ad esercitare le medesime funzioni di primo grado, fino a quando non si rendano vacanti i posti nella qualifica di consigliere di Stato. Anzi l'art. 19 della menzionata legge n. 186 stabilisce che la qualifica di consigliere di Stato e' conseguita dai consiglieri dei tt.aa.rr., ove si rendano vacanti dei posti nella relativa qualifica ed in ragione della meta' dei posti medesimi. Pertanto, nell'ordinamento della magistratura amministrativa, diversamente da quello della magistratura ordinaria, coincidendo le funzioni con le qualifiche, ciascuna con propria dotazione organica predeterminata nel numero (cfr. Tab. A allegata alla legge n. 186/1982 e successive modificazioni) non e' ammissibile la reversibilita' delle funzioni. E' ovvio, d'altra parte, che tale reversibilita', introdotta nell'ordinamento della magistratura ordinaria dall'art. 21-sexies del d.l. n. 355/1992, non puo' operare in quello della magistratura amministrativa in via analogica (in applicazione cioe' dell'art. 12 cpv. delle disposizioni sulla legge in generale), dato il chiaro tenore del combinato disposto degli artt. 14 e 15 della legge n. 186/1982, che, come avanti osservato, non consente l'esercizio di funzioni proprie di una qualifica diversa da quella rivestita, ancorche' sostanzialmente, si debba affermare la tendenziale unicita' del ruolo dei magistrati amministrativi. Sotto, poi, altro aspetto va rilevato che, nella fattispecie, non puo' proficuamente invocarsi l'art. 7 della legge 2 aprile 1979, n. 97, il quale consente la riammissione in magistratura "a chi, gia' appartenente all'ordine giudiziario, sia transitato nelle magistrature speciali ed in esse abbia prestato ininterrottamente servizio". Difatti, il caso in considerazione non puo' ricondursi alla previsione della norma di legge richiamata, poiche' ha riguardo ad un magistrato amministrativo che e' sempre rimasto nello stesso ordine di magistratura speciale, pur essendo a suo tempo transitato nel ruolo dei consiglieri di Stato e chiedendo, ora, di essere riammesso nel ruolo dei consiglieri dei tt.aa.rr. Tutto quanto sopra osservato preclude, quindi, a questo decidente - alla stregua dell'attuale quadro normativo di riferimento - una pronuncia di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, avuto riguardo alla rilevata carenza dei profili di fondatezza richiesti dalla legge (art. 3, legge n. 205/2000) per esitare favorevolmente un'istanza di misura cautelare. Tuttavia, il collegio dubita della legittimita' costituzionale del combinato disposto di cui agli artt. 14 e 15 della legge n. 186/1982, con riferimento alla tab. A allegata alla stessa legge ed avuto riguardo ai meccanismi di nomina alle qualifiche di consigliere di Tribunale amministrativo regionale e consigliere di Stato delineati negli artt. 18 e 19 della legge medesima nonche' alla c.d. "equiordinazione" prevista dall'art. 13, secondo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034. Ed invero, dal sistema normativo come sopra richiamato emerge che le due qualifiche in discorso, pur se formalmente equiordinate (cfr. art. 13, secondo comma, legge n. 1034/1971, cit.), risultano sostanzialmente distinte non soltanto in ragione delle specifiche funzioni che rispettivamente vi si connettono, ma - e soprattutto - in ragione della dotazione organica separata e di diversa consistenza numerica, nonche' dei differenti meccanismi di provvista delle relative dotazioni. Infatti, mentre alla qualifica di consigliere di Tribunale amministrativo regionale si perviene per progressione di carriera (art. 18, legge n. 186/1982), alla qualifica di consigliere di Stato si accede variamente: solo in ragione della meta', e sempre limitatamente ai posti disponibili, per transito dalla (corrispondente) qualifica di consigliere di Tribunale amministrativo regionale (art. 19, lett. a, legge cit.), mentre per la parte rimanente in ragione di un quarto per concorso pubblico esterno e di un quarto per nomina governativa (art. 19, lett. b, c). Ritiene il collegio di dover sollevare d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale delle norme legislative suddette, siccome non manifestamente infondata e rilevante ai fini della pronuncia sulla istanza di misure cautelari avanzate dal ricorrente, nei sensi appresso precisati, con riferimento ai parametri costituzionali contenuti negli artt. 3, 97 e 107 della Costituzione. La scelta compiuta dal legislatore con la normativa che ne occupa e', ad avviso del collegio, anzitutto irragionevole ed irrazionale, e percio' lesiva dell'art. 3 Cost. La rilevata lesivita', infatti, si evidenzia, prioritariamente, nel confronto con le numerose norme di legge - anche sopravvenute -, tese a parificare i magistrati amministrativi ai magistrati dell'ordine giudiziario. In proposito, si richiamano, tra le piu' significative: le leggi 24 maggio 1951, n. 392, 2 aprile 1979 n. 97, 19 febbraio 1981, n. 27, 6 agosto 1984, n. 425 (in materia di trattamento economico); la legge 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 13, u.c., e la stessa legge 27 aprile 1982, n. 186, artt. 13, 24, 25, 26, 27, 28, 29 (in materia di: cause di ineleggibilita' e di incompatibilita', sanzioni disciplinari e relativo procedimento, inamovibilita' ed indipendenza, residenza, collocamento a riposo per limiti di eta', collocamento fuori ruolo); la legge 21 luglio 2000, n. 205 (in materia di porto d'armi per difesa personale). La delineata lesivita' emerge anche ove si prendano in considerazione sia le leggi 25 luglio 1966, n. 570 (artt. 1 e 6) e 20 dicembre 1973, n. 831 (artt. 7, 9, 10, 16, 17, 18), che consentono ai magistrati di Corte di appello e di cassazione di continuare ad esercitare le funzioni precedenti fino a quando non siano assegnati ad un ufficio corrispondente alle nuove funzioni, sia la norma di cui all'art. 21-sexies del citato d.l. n. 355/1992, che - inserita organicamente nel contesto normativo appena richiamato - consente, a domanda, la reversibilita' delle funzioni, e cioe' l'attribuzione di funzioni di merito ai magistrati che ricoprono un ufficio con funzioni di legittimita' o di appello. Ma, siffatto sistema di alternanza di funzioni nell'ambito della magistratura amministrativa non solo non e' previsto ma e' impedito dal combinato disposto delle norme di cui si sospetta la legittimita' costituzionale, il quale, viceversa, come gia' e' stato posto in evidenza, postula sempre la coincidenza della funzione con la qualifica, peraltro ancorata, quest'ultima, a rigidi limiti numerici di dotazione organica. Cio' si profila in contrasto con il parametro costituzionale, richiamato, in considerazione della circostanza che l'omogeneita' dello status dei magistrati amministrativi e di quello dei magistrati ordinari non consentirebbe di differenziare ragionevolmente le qualifiche di consigliere di Stato e di consigliere di tribunale amministrativo regionale, tra loro giuridicamente ed economicamente equiparate, eppero' illogicamente poste su piani diversi, pur diversificandosi soltanto per le distinte funzioni alle stesse correlate. Nel che sembra sostanziarsi altresi' la violazione del principio enunciato nel penultimo comma dell'art. 107 Cost., secondo cui "i magistrati si distinguono tra loro solo per diversita' di funzioni". Trattasi, all'evidenza, di un principio teso a garantire il supremo valore della indipendenza eppero' della terzieta' del giudice (vieppiu' rilevante nel nuovo contesto del "giusto processo" delineato dall'art. 111 della Costituzione nel testo recentemente novellato con legge Costituzionale 23 novembre 1999, n. 2), la cui valenza non puo' non estendersi a tutte indistintamente le posizioni magistratuali, indipendentemente dal plesso giurisdizionale - ordinario o speciale - di appartenenza. Quanto, infine, al sospetto di incostituzionalita' del combinato disposto delle norme anzidette per contrasto con l'art. 97 della Costituzione, si osserva che i principi di buon andamento e di imparzialita' dell'amministrazione - nella quale va compresa anche l'amministrazione della giustizia in tutte le sue articolazioni -, sanciti dal menzionato art. 97, impegnano il legislatore a prescegliere le soluzioni che consentano il piu' proficuo svolgersi dell'attivita' di giustizia. E non sembra al collegio che nella disciplina adottata sia stato tenuto presente l'enunciato criterio, considerato appunto che non vengono poste su un piano di completa parita' le qualifiche di consigliere di Stato e consigliere di tribunale amministrativo, che, pur essendo per legge equiordinate e pur distinguendosi, nel contenuto, esclusivamente per le rispettive funzioni (consultive o giurisdizionali d'appello per la prima, giurisdizionali di primo grado per la seconda) risultano tuttavia rigidamente separate negli organici legislativamente predeterminati - peraltro con dotazioni numeriche difformi e con meccanismi di accesso differenziati - si' da realizzare una effettiva separatezza che, allo stato della normativa, non consente quella reversibilita' delle relative funzioni invocata dal ricorrente. Per le considerazioni che precedono, il collegio considera rilevante, ai fini della pronuncia sulla domanda incidentale di sospensione del provvedimento impugnato, e non manifestamente infondata, con riferimento agli artt. 3, 97 e 107, penultimo comma, della Costituzione, la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto dagli arrt. 14 e 15 della legge 27 aprile 1982, n. 186, e della correlativa tab. A allegata alla legge, nelle parti in cui pone su piani distinti le qualifiche di consigliere di Stato e di consigliere di tribunale amministrativo regionale, con separate dotazioni organiche numericamente differenziate, conseguentemente impedendone, pur in presenza di una loro equiordinazione formale, la reciproca reversibilita' delle relative funzioni.